mercoledì

pag 4 LA GUERRA INIZIA

........... MUSSOLINI DICHIARA GUERRA
QUI SOTTO INVECE UNA SERIE DI FRASI CELEBRI CHE AVEVANO LO STESSO SCOPO, ALCUNE DELLE QUALI, RICORDO, DI AVERLE LETTE DA QUALCHE PARTE ANCHE SE IO ERO ANCORA UNA BAMBINA, ALL'EPOCA.
(Meno male che la mia testa non ha avuto il tempo di imbottirsi di queste frasi, molte delle quali io considero idiote.)
1 Meglio vivere un giorno da leone, che cento anni da pecora.
2 Chi si ferma è perduto
3 Meglio morire in piedi, che vivere una vita in ginocchio.
4 Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi,
se mi uccidono vendicatemi.
5 Nessun fenomeno al mondo può impedire al sole di risorgere.
6 Fedeltà è più forte del fuoco.
7 Pronti, ieri, oggi, domani al combattimento per l'onore d'Italia.
8 Libro e moschetto Fascista perfetto.
9 Me ne frego.
10 Boia chi molla.
11 Fino alla vittoria.
12 Molti nemici, molto onore.
13 Le radici profonde non gelano mai.
14 O con noi o contro di noi.
15 Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare.
16 Siam fatti così!
17 L'Ardito della "M U T I" serve, combatte e muore per l'Italia, per il Duce, per il Fascismo.
18 Non siamo gli ultimi di ieri ma i primi del domani.
19 Meglio lottare insieme che morire da soli.
20 Non basta essere bravi bisogna essere i migliori.
21 Anche se tutti, noi no!
22 Ardisco ad ogni impresa 23 Beffo la morte e ghigno
24 Bisogna volere. Fortemente volere!
25 Chi osa vince!
26 Dio Patria.Ogni altro affetto, ogni altro dovere vien dopo. 27 Fate le glorie del passato siano superate dalle
glorie dell'avvenire .
28 Fermarsi significa retrocedere.
29 La cinematografia è l'arma migliore.
30 Italia agli italiani
31 In alto i cuori
32 Io mi vanto sopratutto di essere un rurale
33 L'architettura è la sintesi di tutte le arti
34 La disciplina deve cominciare dall'alto se si vuole che sia rispettata in basso
35 Lavoratore, ricorda che anche tu sei soldato, che il tuo lavoro è la tua trincea 36 L'Italia fascista può, se necessario, portare oltre il suo tricolore, abbassarlo mai ! 37 Marciare, non marcire!
PROPAGANDA , PROPAGANDA E POI ANCORA PROPAGANDA.
LA GUERRA E LE SUE MOTIVAZIONI
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Principali paesi coinvolti
1° settembre 1939 - 8 maggio 1945: Terzo Reich (Germania e Austria) 1° settembre 1939: Polonia 3 settembre 1939 - 8 maggio 1945: Regno Unito e Australia 3 settembre 1939 - 8 maggio 1945: Francia 10 settembre 1939 - 15 agosto 1945: Canada 17 settembre 1939 -8 maggio 1945: Unione Sovietica 30 novembre 1939 - 4 settembre 1944: Finlandia 9 aprile 1940 - 4 maggio 1945: Danimarca e Norvegia 10 giugno 1940 - 25 aprile 1945: Italia 28 ottobre 1940 1945 - Grecia 21 giugno 1941 - 1945: Ungheria 7 dicembre 1941 -15 agosto 1945: Giappone e Stati Uniti
NAPOLI, CITTA NATALE DEI MIEI GENITORI,ERA ANCHE ALLORA, UNA CITTA' DOVE ERA DIFFICILE VIVERE PERCHE' ALLORA COME OGGI MANCAVANO INDUSTRIE E FABBRICHE:
Non c'era lavoro neanche per un giovane, volenteroso ingegnere, padre di famiglia e laureato in ingegneria meccanica. I parenti di mia madre, orafi e commercianti ben noti, non vollero ne poterono offrire alcun aiuto alla famigliola. Si ricordavano dell' ingegnere, che si arrangiava a fare tutto, solo se, e quando, dovevano riparare qualche vecchio macchinario ormai completamente obsoleto e tendevano a non dare molto valore al suo tempo. Forse erano convinti che il giovane ingegnere avrebbe lavorato solo per il piacere di compiacerli,in omaggio alla parentela acquisita.
Devo dire che questa è, forse, l'origine di molte piaghe sociali, poichè tanti giovani che dovrebbero trovare la loro strada da soli, sono spesso costretti dalle circostanze ad appoggiarsi a parenti e conoscenti per farsi strada nella vita. E' così che si creano i cosidetti clan: gruppi di persone che vengono tenuti insieme, non tanto dagli affetti reciproci dovuti alla comune appartenenza ad un certo nucleo familiare, quanto alla soggezione e al " rispetto " verso un capo riconosciuto, che riesce a tenere tutti gli altri in pugno, esercitando il suo potere sociale ed economico, che gli permette anche, all'occasione, di intervenire liberamente nella loro vita privata, distribuendo favori e obblighi, e tenendo tutti in una sorte di soggezione. Creare dei parenti dipendenti, che si adattino a fare qualunque lavoretto, per tenersi buoni i capofamiglia, nella speranza di un tornaconto futuro,di una raccomandazione, di uno stipendio o di un appalto:ecco la radice delle economie malate, che crescono e si diffondono sul territorio, dove la ricerca di un sistemazione stabile e sicura è molto difficile, spesso impossibile. Quale è l'alternativa in questi casi? Emigrare, allontanarsi, cercare da soli di costruirsi una vita, secondo i propri meriti e le proprie capacità? Provare ad inventarsi una proprio futuro altrove, li', dove ci siano migliori opportunita' di trovare un posto di lavoro adatto alla propria preparazione e alle proprie capacita' obiettive? L'EMIGRAZIONE, in effetti, puo' ricordare "il cane che si morde la coda". Dovrebbe essere la soluzione per la miseria endemica di tante zone, ma ci riesce solo a patto che gli individui e i nuclei familiari, si integrino pienamente nei luoghi di arrivo e non vadano a formare nuovamente delle sacche di poverta e pregiudizio, richiudendosi a riccio e ricreando daccapo quegli gli stessi intrecci, quegli stessi meccanismi, quelle stesse dipendenze, che avevano appena lasciato ndietro, esportando in effetti altrove, il concetto di clan che, obbedendo solo alle sue leggi, sembra predestinato a trasformarsi in una associazione di tipo amorristico e mafioso. Si va via, si lascia il paesello natio, alla ricerca di un posto al sole. Si emigra pieni di speranze, ma, alle volte, val la pena di dirlo,pieni anche, di tante illusioni. EMIGRARE è, pero', una sorta di maledizione che se da un lato, a volte, puo' risolvere problemi e mettere un nucleo familiare nella posizione di migliorare obbiettivamente la propria condizione sociale e economica,...dall'altro lascia l'individuo completamente solo a confrontarsi con persone che conoscono meglio l'ambiente e le consuetudini e che, percio', sono molto meglio equipaggiate ad adattarsi a quello che le circonda.. dal punto culturale, sociale e perfino religioso. Mio padre soleva rievocare il suo passato napoletano e i suoi rapporti col suocero, raccontandoci che ogni volta che tornava a Napoli, c'era qualcuno dei parenti che con fare distratto, gli diceva: " NE' SALVATO', LA CATENELLA DEL GABINETTO SI E' ROTTA ...... ME LA VUOI AGGIUSTARE?" e lui, stanco di essere considerato una specie di idraulico,tentava di far capire loro, che nelle case va fatta periodicamente manutenzione e che non ci si deve meravigliare se tutto si deteriora con l'uso. Odiava le case vecchie e se doveva fittare un appartamento, lo sceglieva sempre tra quegli appena costruiti o ristrutturati. Il suo rifiuto delle vecchie costruzioni lo portava perfino a detestare scavi ed ad ignorare monumenti antichi........ed è anche per questo motivo, che Napoli non gli era congeniale. COSI' NON APPENA GLI FU PROPOSTO UN LAVORO DECENTE IN ABRUZZO, MIO PADRE DECISE DI LASCIARE NAPOLI E UTILIZZARE LA SUA LAUREA E LE SUE CAPACITA' ALTROVE. SI AVVIO' A PESCARA, CHE ERA GIA' ALLORA UN PICCOLA, MA GRAZIOSA E RIDENTE CITTADINA DI MARE, CON QUALCHE VAGA VOCAZIONE INDUSTRIALE. DOPO POCHI MESI, TUTTA LA FAMIGLIOLA LO SEGUI' E SI TRASFERI' IN ABRUZZO.
I primi tempi furono difficili, sia economicamente, sia dal punto di vista relazionale: mia madre non capiva gli abruzzesi e non riusciva a crearsi delle amicizie in un contesto così diverso da quello nel quale era vissuta. Probabilmente ha sempre risentito della lontananza della sua numerosa famiglia, anche se qualche cosa aveva gia' disturbato i suo rapporti con i parenti gia' prima della mia nascita,( forse proprio i contrasti tra suocero, zii e suo marito)tanto che che nessuno si fece vivo al mio battesimo : soltanto la sorella Adriana venne a trovarla dopo il suo terzo parto, e mio padre, troppo preso dai suoi problemi di lavoro , dimenticò, per parecchi giorni, di denunciare la mia nascita. Ecco perchè io ho sempre avuto un compleanno ufficiale ed uno ufficioso. quasi fossi la regina di Inghilterra. Comunque, appena arrivata a Pescara, mia madre pretese ed ottenne, almeno, di abitare sulla Riviera, di fronte a quel mare che, pur così diverso dal Tirreno, e' decisamente adatto alla vita e il divertimento dei bambini. E i tre bambini crebbero forti e sani, anche per merito della splendida spiaggia davanti casa, e impararono a nuotare presto e bene. Passavano tutta l'estate sulla spiaggia dorata, a giocare a nascondino tra le cabine di legno, che all' epoca erano costruite su pali, per cui, guardando dal di sotto, si potevano scorgere le gambe degli altri ragazzi mentre si giocava a nascondarello. La spiaggia era bellissima: finissima, dorata, caldissima: vi si affondava alle volte fino al ginocchio; poi, quando c'era vento, volava e i suoi granelli impalpabili finivano da per tutto, irritando gli occhi , seccando la pelle, ammucchiandosi negli angoli della casa, stratificando sui pavimenti e cospargendo anche i lenzuoli, infilandosi nelle calze e nelle scarpe, perfino restando appiccicata nelle pieghe del corpo, costringendoti a continue docce, e finendo poi per otturare scarichi e lavandini. QUELLA SABBIA INDIMENTICABILE che ancora ricordo con nostalgia era, tra l' altro, adattissima a costruire enormi circuiti per le biglie colorate. Noi piccoli trascorrevamo ore felici ad aiutare: andando avanti e indietro per prendere l' acqua coi secchielli, per rendere più dure e stabili le costruzioni.... e così, a metà mattinata, c'erano da per tutto castelli e circuiti ..con curve rialzate e sotto passaggi. IL BAGNASCIUGA al mattino, era tutto un fermento: bambini, ragazzi e grandi si davano da fare insieme, quasi fosse un lavoro: poco importava, poi, se alla fine, si giocasse o no. C'erano tanti "mosconi" bianchi di legno, arenati vicino alla riva, e si doveva spingerli nell'acqua prima di cominciare a remare ed era bello andare "fuori" a tuffarsi nell'acqua profonda: tuffi di testa, fatti spericolatamente dallo schienale, magari anche tentando e di passare sotto il moscone, senza emergere, fino a raggiungere in apnea, l'altra parte dell' imbarcazione. Giocavamo con racchette, con tanburelli, e, quando si alzava la brezza che increspava il mare, verso le undici, con gli aquiloni che si sollevavano facilmente dalla riva del mare: bastava correre un poco, tenendo il filo e rilasciandolo lentamente a poco a poco.